Una delegazione numerosa di Montelupo nei viaggi verso i campi di sterminio.

5 Maggio 2023

L’assessore alla memoria Nesi interverrà domani ad Ebensee, luogo che è stato devastante per i deportati montelupini.

Una nutrita delegazione è partita da Montelupo Fiorentino alla volta dei campi di Mauthausen, Gusen ed Ebensee

Diciotto ragazzi delle classi terze delle secondarie di primo grado, due insegnanti, l’assessore Lorenzo Nesi, assieme al gonfaloniere, lo storico Andrea Bellucci, oltre ai parenti di Carlo Castellani, Aldo Rovai, Lanzio Mannozzi, Dante Fossi, ed Erasmo Frizzi, alcune delle vittime montelupine nei campi di sterminio.

L’assessore alla memoria, Lorenzo Nesi parlerà domani ad Ebensee, nel giorno della sua liberazione da parte degli americani; un luogo che è stato fatale e terribile per molti abitanti di Montelupo e in quel contesto affronterà anche il tema dell’impegno dell’amministrazione a farsi parte civile contro la Repubblica Federale di Germania al fine di risarcire la comunità di Montelupo di una ferita ancora aperta dal 1944. Lo stesso Nesi sta coordinando e supportando i familiari delle vittime sulle azioni da intraprendere per accedere ad eventuali ristori.

Le vicende storiche sono note. Il 4 marzo del 1944 si verificarono nelle fabbriche in Toscana, seguendo quanto già avvenuto in nord Italia nei giorni precedenti, scioperi contro la guerra tra gli operai e i nazionalsocislisti presero tali moti come un vero affronto al regime e attivarono delle azioni repressive contro gli scioperanti.

Fu così che venne ordinato ai direttori locali del partito fascista di catturare e di consegnare un certo numero di scioperanti atti ad essere deportati nei campi di lavoro in Germania.

A Montelupo non erano presenti scioperanti e vennero individuate persone con l’inganno: nella notte tra il 7 e l’8 marzo 1944, circa 30 cittadini maschi, selezionati tra una popolazione complessiva di 7 mila abitanti, per motivi ideologici, personali o per pura casualità.

Pochi di coloro che erano stati arrestati tentarono di fuggire, certi della loro innocenza.

Fu così che vennero deportati nei lager e nei sottocampi dove subirono la privazione di ogni diritto fondamentale della persona, furono sfruttati per lavoro schiavo in condizioni disumane, usati per esperimenti e altre pratiche orribili, che li condussero in gran numero a morire di stenti, di malattie o di atti violenti.

Dopo la liberazione nel 1945 solo 5 persone su 21 riuscirono a tornare a Montelupo, mentre 16 furono uccisi nei lager di Mauthausen, Gusen, Ebensee e nel castello di Hartheim.

La società montelupina subì con la deportazione per causa politica del marzo 1944 una vera e propria ferita civile e sociale, che a oggi, a distanza di 79 anni, non risulta ancora risarcita e i simboli di tale ferita si possono ancora leggere nei numerosi cippi, monumenti, lapidi presenti sul territorio oltreché nella toponomastica cittadina.

Proporzionalmente alla popolazione, il numero dei deportati politici da Montelupo Fiorentino nel marzo del 1944, fu davvero importante rispetto ai centri più grandi di Empoli, Firenze, Torino, Milano, tanto da incidere sull’intera trama sociale del paese.

Il Comune fin dal primo dopoguerra si è impegnato nel culto della memoria della deportazione, creando evidenze monumentali e iconografiche in paese e nel KZ Mauthausen, incidendo sulla toponomastica stradale, organizzando i pellegrinaggi nei lager in stretta collaborazione con le istituzioni scolastiche e l’associazione nazionale ex deportati, accompagnando ogni anno circa 20 studenti a Mauthausen e sottocampi. Infine organizzando convegni e incontri, promuovendo la pubblicazione di memorie e scritti locali sul tema. Impegnando quindi con costanza e continuità importanti risorse di bilancio stanziate ogni anno su idonei capitoli di spesa.

«L’amministrazione intende incaricare un legale al fine di comprendere la sussistenza degli effettivi presupposti per ricorrere contro la Repubblica federale di Germania per i danni causati a Montelupo Fiorentino in conseguenza all’ordine di deportazione – afferma Nesi – Crediamo che ci siano ferite che meritano un risarcimento non tanto economico, quanto morale a sancire che certi atti non si dimenticano nemmeno dopo 79 anni ed esistono sempre responsabilità specifiche».